Una sensazione di ansia, più o meno intensa? E manifestazioni somatiche ad essa correlate?
Tuttavia è importante distinguere tra due tipi di ansia: l’ansia fisiologica e l’ansia patologica.
L’ansia fisiologica è quella legata ad una prestazione, un esame un colloquio di lavoro, un intervento medico, una gara sportiva o anche la firma di un contratto importante, che si risolve non appena si è portato a termine l’evento.
L’ansia patologica rende impossibile irregolare svolgimento delle attività quotidiane, e non solo, ma compromette anche i nostri rapporti interpersonali peggiorando la qualità della vita.
L’ansia viene comunemente definita una paura senza oggetto, e ciò la distingue da una paura classica in cui lo stimolo che causa la reazione è ben definito
(paura di volare, paura dei cani o degli insetti, di guidare, ecc…).
Invece l’ansia si presenta in modo improvviso e incontrollabile in momenti anche impensati: è del tutto imprevedibile.
Si tratta infatti di una reazione anticipatoria di un pericolo non reale ma previsto, che potrebbe verificarsi in futuro.
L’ansia si accompagna ad un insieme di reazioni fisiologiche quali tachicardia, oppressione al petto, respiro corto, sudorazione, concentrata in alcune parti del corpo, quali mani e testa, o diffusa, bocca secca, tremore vertigini irrequietezza tensione muscolare. A volte si generano anche stati persistenti piuttosto difficili da gestire quali nausea, senso di vomito insonnia difficoltà di concentrazione.
Non si può rinvenire un’unica causa nell’ansia, ma la genesi da ricercarsi nella storia personale di ciascuno, nel proprio modo di funzionare.
L’ansia è sempre legata ad un bisogno di controllo che può nascere in contesti diversi, in base alle esperienze vissute.
Nella mia esperienza ho potuto notare che spesso si accompagna a un forte senso del dovere, un bisogno di grande perfezionismo, almeno in un ambito della propria esistenza.
Ad esempio mi vengono in mente i casi di molti pazienti affetti da ansia ai quali è stato chiesto implicitamente dalla famiglia una crescita troppo veloce, di essere dei sostituti dei genitori in caso di lutto, di completare l’adeguatezza dell’altro genitore o di entrambi i genitori.
Questa adultizzazione precoce porta il bambino a dover assumere un controllo spropositato rispetto all’età e a ruolo: questo senso di gestione e controllo si cronicizzerà diventando un modo di funzionare, che a lungo andare si manifesta con ansia.
Nessuno è predisposto per controllare tutte le variabili intorno a noi, e in questi casi è importante ricostruire la fiducia in se stessi lasciando andare ciò che non concerne la propria responsabilità.
Come il caso di una donna quarantacinquenne, la quale a soli due anni ha subito la perdita del padre in un grave incidente stradale.
Senza nessuna richiesta da parte materna, la bambina si è, inconsciamente già da piccola attribuita un senso di maturità esasperata, e l’ha portata, non solo ad una chiusura rispetto ai coetanei, che si è manifestata durante le varie fasi di crescita, ma anche ad un bisogno di voler fare tutto nel migliore dei modi per non gravare sulla madre.
Riconoscere questo meccanismo l’ha portata a una graduale liberazione da questo senso di oppressione e a recuperare stessa, i propri talenti, la propria capacità relazionale e la sua specificità, a una maggiore leggerezza nell’affrontare gli impegni quotidiani.
Quindi ricostruire la propria storia personale, rinvenire il conflitto sottostante aumentando la comprensione la consapevolezza di ciò che accade dentro di noi, di quali sono i meccanismi che generano il sintomo, permette non solo di gestirlo ma anche via via di liberarsene e vivere con maggiore leggerezza le situazioni che opprimono e impediscono il libero fluire della quotidianità.